Mi chiamo Italo Calvino. Sono nato a Sanremo. Sono tanto nato a Sanremo che sono nato in America, perché mio padre si era trasferito in Messico e poi a Cuba, per la sua professione di agronomo. Nel 1920, a 45 anni, sposa mia madre Eva Mameli, una botanica affermata, la prima docente universitaria donna in quella disciplina in Italia. È molto felice di partire per Cuba, dove io nasco tre anni più tardi.

Papà torna a Sanremo, mentre mamma e io ci andiamo per la prima volta un anno e mezzo dopo la mia nascita. Comprano villa Meridiana, e lì i miei genitori danno vita al Centro Sperimentale per la Floricoltura. Nel 1927 è nato mio fratello Floriano.

Sono cresciuto in mezzo alle piante, all’universo vegetale. Non è stato granché difficile per me, una volta diventato scrittore, inventarmi il Barone Rampante, che assomiglia un po’ a papà o allo zio Quirino, o alle tante persone originali e un po’ strampalate che circolavano nel nostro giardino e nella villa, come Libereso, che ho fatto diventare il personaggio di uno dei miei primi racconti, quello che si intitola Un pomeriggio, Adamo. Era un po’ una villa dell’utopia, perché se i sanremesi avessero ascoltato mia mamma e mio papà la città non sarebbe ridotta com’è, tutta piena di brutti palazzi.

Sono stato bambino molto a lungo. Un bambino solitario. Trascorrevo tanto tempo a osservare il mondo, mi incantavo di fronte al panorama di Sanremo, il mio sguardo partiva dal porto e correva su lungo i crinali per fermarsi sulla città vecchia, la Pigna, dove ho ambientato il mio primo romanzo, Il sentiero dei Nidi Ragno.

Da ragazzo, raggiungevo la punta del molo e saltavo da uno scoglio all’altro oppure risalivo i torrenti senza mai prendere la strada o un sentiero, con l’acqua che scrosciava in direzione contraria, fino a raggiungere con qualche difficoltà i laghetti tra gli alti e dirupati massi.

Nel 1944 sono diventato partigiano. I miei genitori avevano sempre mal sopportato il fascismo e furono un ulteriore sprone per me e per mio fratello per salire su in montagna e unirci alla Brigata Garibaldi.

Sono diventato comunista e nel Dopoguerra ho cominciato a scrivere sui giornali, ma anche libri e romanzi che sono usciti dalla casa editrice Einaudi, dove ho fatto amicizia con Cesare Pavese e Natalia Ginzburg. Ho cominciato quindi a scrivere delle cose che a volte sono diventate dei libri, che venivano pubblicati e venduti nelle principali librerie. E anche a occuparmi dei libri degli altri, perché poi Giulio Einaudi mi ha assunto. Ho quindi lasciato Sanremo e mi sono trasferito a Torino. Ho avuto una grande responsabilità perché a volte dovevo decidere il destino di un autore, scegliendo se farlo pubblicare o no.

In tanti racconti che ho scritto negli anni Quaranta e Cinquanta, il paesaggio di Sanremo è protagonista, anche nel Barone Rampante. Cosimo, il personaggio principale, come tutti sapete, sceglie di trascorrere tutta la sua vita sugli alberi. E così ho potuto descrivere e nominare le piante della Liguria di ponente, come i miei genitori mi avevano insegnato da bambino. Poi purtroppo sulla Riviera si è abbattuta la furia della scure. Tanti alberi sono stati fagocitati dal cemento, che ha invaso il litorale turistico. Ho raccontato questa brutta storia nella Speculazione edilizia. Quando mamma Eva è morta, con mio fratello Floriano abbiamo venduto villa Meridiana e non sono più tornato a Sanremo. Da Torino, sono poi andato a vivere a Parigi dove ho conosciuto mia moglie Esther Singer, soprannominata Chichita, e nel 1965 abbiamo messo al mondo Giovanna.

Nella capitale francese stavo molto bene, mi piaceva passeggiare nei quartieri in costruzione, sentivo più che in Italia il pulsare della civiltà contemporanea. Sarà per merito dei miei genitori, ma sono sempre stato interessato alla scienza e alla tecnologia. Anche per questo ho cominciato a scrivere testi più astratti e geometrici, come le Cosmicomiche e Palomar. Non mi sono dimenticato di Sanremo però, perché era sempre presente nella mia testa anche quando pensavo alle Città Invisibili.

Fra tutte le città del mondo quella che ho sentito più mia è New York. Per me è la più bella, è la mia città ideale, una città cristallina, senza passato, senza profondità. Nel pensarla mi illudo di riuscire a possederla con la mente, di riuscire a immaginarla tutta intera nello stesso momento.

Ho trascorso gli ultimi anni della mia vita tra Roma e Castiglione della Pescaia, nella pineta di Roccamare. A Roma la nostra casa a due passi da Montecitorio era sui tetti, mentre a Castiglione avevo scelto come studio la torretta della villa. Mi è sempre piaciuto stare in alto come il Barone Rampante.

Sono morto all’ospedale di Siena, avevo appena 61 anni. Mi è venuto un ictus e mi sembrava di essere un lampadario per via di tutte quelle flebo che avevo intorno.

Avrei voluto vivere un po’ di più, però esisto ancora, nelle mie opere che sono state tradotte in tutto il mondo, disponibili per tutti e tutte coloro che hanno orecchie prensili e voglia di pensare e costruire un mondo diverso, dove la natura e gli animali vengano rispettati. Da quale mio romanzo cominciare? Forse dal Barone Rampante. E ricordatevi, tutto quello che abbiamo può sparire all’istante in una nuvola di fumo.

Ho costruito questo racconto con alcune frasi dello stesso Italo Calvino. Nel 2023, ho mandato in libreria “Italo Calvino e Sanremo, alla ricerca di una città scomparsa”, (il canneto editore).

Per saperne di più:

 

 

 

Italo Calvino, da Sanremo a New York

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