C’ero già stata la primavera scorsa, per una riunione. E ne ero rimasta veramente colpita. Mai più mi sarei aspettata che dopo un anno avrei varcato quel portone così tante volte. Ora insegno tra quelle spesse mura seicentesche. Sto parlando dell’Albergo dei Poveri.

A chi ha frequentato le aule di Via Balbi e di Piazza Santa Sabina dell’Università di Genova negli anni Ottanta, sembra di essere in un’università inglese o per lo meno irlandese. Non scherzo, ho un buon termine di paragone. Ho fatto la mia tesi gironzolando tra il Trinity College e la UCD di Dublino, le università di Cork, Belfast e Leeds. E ogni volta che tornavo a casa e rientravo nelle aule della mia università, mi sembrava tutto così angusto, tanto che mi mancava il respiro.

L’Albergo dei Poveri

La ristrutturazione del complesso è cominciata nel 1998, a cura dell’architetto Enrico Davide Bona. La struttura ospita il Dipartimento di Scienze Politiche della Scuola di Scienze Sociali dell’Università di Genova.
Sono tante le cose che mi intrigano dell’Albergo dei Poveri:

  • La sua posizione dominante, con le finestre che ti regalano visioni straordinarie su Genova.
  • Il restauro che ha saputo valorizzare gli spazi e renderli contemporanei e accoglienti.
  • I cortili interni, di cui uno adibito a spazio ristoro e riposo per studenti e professori, con tanto di panche e tavoli.
  • La biblioteca di 2500 mq con 250 posti a sedere e capienza per 100.000 volumi. Se ne avessi avuta una così spaziosa ai miei tempi, forse non sarei scappata così spesso al Nord Europa.
  • L’aula magna è accogliente, molto grande, in passato era l’Oratorio delle Donne.
  • L’aula dove faccio lezione, con un grande schermo collegato al desktop. Ogni studente ha una postazione con un computer.

L’ala storica dell’Albergo dei Poveri

L’ala storica si trova nella parte centrale dell’Albergo dei Poveri, con la chiesa, le grandi statue dei donatori, l’antica biblioteca e gli immensi corridoi, dove venivano smistati le donne e gli uomini, nonché una serie di dipinti restaurati dalla Sovrintendenza.  Nella parte universitaria si può accedere senza permessi, quella storica  è visitabile su prenotazione con un minimo di 12 partecipanti. Annamaria De Marini, sovrintendente, è sempre disponibile ad accogliere chiunque voglia sentire la storia dell’Albergo e toccarla con mano: basta scrivere a albergodeipoveri@emanuelebrignole.it

Se volete assaggiare le atmosfere dell’Albergo dei Poveri fatevi un giro sul sito ufficiale.

Le aule dei miei tempi

Inforco l’entrata del palazzo di Santa Sabina, che ospita le lezioni di lingue. Entro in aula per la lezione di inglese, i posti a sedere sono già tutti occupati, ma anche quelli in piedi. Non c’è spazio neanche per muovere il gomito.

La prof comincia a dettare, io prendo il quaderno, lo apro e lo appoggio su una mano. Ma non riesco a scrivere.  Allora lo poso sulla porta, alla quale sono incollata. La penna in quella posizione un po’ scrive, un po’ no. A un certo punto, sento una pressione, un ritardatario un po’ irruente mi sbatte la porta il quaderno e la penna in faccia.

Mai più lezione a lingue per quest’anno, mi sono detta, e sono tornata in Inghilterra dove non c’era bisogno di dettati per imparare a leggere e scrivere in inglese. Insomma, non ho più frequentato quelle aule anguste.
Si può capire quindi il mio entusiasmo per la maestosità degli spazi dell’Albergo dei Poveri, che come dicevo non ha nulla da invidiare alle facoltà britanniche e irlandesi dove ho messo il naso.

Bisogna parlare anche delle cose che vanno bene

Una sera ero a prendere l’aperitivo con Emanuele Conte, presidente del Teatro della Tosse, e gli ho raccontato la mia esperienza e il mio stupore per uno spazio universitario così ben riuscito e comodo, con tante salette per gli studenti, dove sedersi e studiare.
Lui ben sa quanto la Facoltà di Architettura negli anni Novanta abbia fatto ripartire la zona di Sarzano che ospita il teatro. Però, mi dice, «dell’Albergo dei Poveri non ne sapevo niente. Dai parlane, scrivici uno spunto. Queste cose riuscite le devono conoscere tutti».
Infatti è proprio questa la filosofia che mi arma a scrivere. Colto il punto.

Il giorno dopo incontro Marina che lavora in comune, e neanche lei ne sa niente. Le faccio vedere le foto scattate con il cellulare e lei mi guarda stupefatta. Così come tanti miei amici dell’ambiente culturale. Possibile che così concentrati a scaraventarci contro tutto quello che non funziona – e davvero tante cose non vanno – ci lasciamo però sfuggire le eccellenze?

Gli studenti nativi digitali

Poi ancora una cosa. I miei studenti nativi digitali. Devo dire che, nella mia passata esperienza di direttore responsabile per 17 anni, ho visto all’opera tantissimi giovani tirocinanti e aspiranti giornalisti. Però mi sono trovata solo una decina di volte a far lezione all’università negli ultimi anni, quando qualche docente universitario mi invitava a parlare di giornalismo digitale per un paio di ore.

Su questa generazione se ne dicono tante. Ebbene sono rimasta favorevolmente colpita dalla loro preparazione e dalla loro capacità di scrittura. Ero sicura che sapessero usare le piattaforme digitali, ma un po’ meno che avessero capacità analitiche. Invece non è così.

Credo che tanti professori miei coetanei delle scuole primarie e secondarie abbiano forse mal digerito il gap digitale. Anche se molto preparati a insegnare le loro materie, si sono trovati di fronte – per la prima volta nella Storia – una generazione che era più smart dal punto di vista tecnologico. Da qui molte incomprensioni.
Ora il mio paradosso è che mi trovo a insegnare giornalismo digitale a chi è cresciuto con il computer in casa. Io che, come tutti i miei coetanei, ho imparato a battere i tasti sulla macchina da scrivere Olivetti di papà.

I blog che hanno aperto gli studenti per il mio esame

Il mio corso si chiama Informazione Multimediale Integrata e fa parte del secondo anno della Laurea Magistrale in Informazione ed editoria. Ho pensato fosse una bella idea far aprire agli studenti dei blog collettivi, creando delle microredazioni, anche se qualcuno ha preferito lavorare da solo.

Ecco i loro blog collettivi:

E poi sarà per come è ora l’Albergo dei Poveri, ma ho notato che tutti i dipendenti, dai professori agli operatori, sono più sereni e disponibili della media dei lavoratori italiani. E anche gli studenti sembrano sentirsi a casa loro. L’ambiente di lavoro è fondamentale per una buona qualità della vita.
Io passo e chiudo, come dicevo da piccola a mio cugino quando giocavamo con le ricetrasmittenti. Mai avremmo immaginato che la rivoluzione digitale era dietro l’angolo e che nel Terzo Millennio sarebbero esistiti degli apparecchi senza antenne con i quali si sarebbe potuto parlare anche da un continente all’altro, senza pagare niente, attraverso piattaforme dal nome allora improponibile come whatsapp o messanger. Per non parlare di facebook.
Io passo e chiudo dicevo. E voi visitate l’Albergo dei Poveri, vi stupirete.

 

E se poi non siete ancora soddisfatti, anche mi pare strano, o se siete dei curiosi come me andate su in circonvallazione a vedere l’orto collettivo che c’è dietro l’Albergo dei Poveri.

 

La foto d’apertura e quella della biblioteca sono state prese da albergodeipoveri.com

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Pubblicato il 17 aprile 2018

19 Comments

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  3. Ciò che apprezzo di più dell’Albergo dei Poveri è la biblioteca: ricca di manuali, moderna e silenziosa, da nessun’altra parte riesco a concentrarmi come faccio al suo interno.

  4. Sotto i Riflettori Reply

    Noi studenti non ci rendiamo conto di come le strutture scolastiche siano migliorate nel corso degli anni, anzi spesso si finisce con il criticarle. I cambiamenti sono stati radicali e hanno migliorato drasticamente gli ambienti scolastici. Le testimonianze degli ex studenti che hanno frequentato l’albergo dei poveri prima della ristrutturazione, sono preziose per noi studenti per apprezzare le strutture scolastiche.
    Strutture date spesso per scontate e che invece sono il frutto di anni di richieste da parte degli ex studenti.

  5. Salire da via Brignole e trovarsi davanti per la prima volta questa facciata così imponente, vista dal basso, fa una certa impressione anche a chi viene da altre università, con sedi storiche e strutture maestose. Dentro l’unica pecca è forse l’assenza di aule studio, anche se la biblioteca è grande e spaziosa. Va be’, con la bella stagione ce ne staremo in cortile!

  6. Lorenzo Bonsignorio Reply

    Concordo. Rispetto a molte, per non dire tutte, le altre strutture universitarie quella dell’Albergo dei Poveri è un autentico gioiello. Anche io rimasi stupito la prima volta che ci entrai e ancora oggi scopro con piacere: parchi verdi dove trascorrere le pause pranzo o aule sconosciute, per me, ma bellissime e fornite al meglio. Va visitato per la sua storia, ma soprattutto per la sua attualità. Chi decide di iscriversi ai corsi qui ospitati, sa di poter contare, per citare l’articolo qui sopra, sulle sue spesse mura seicentesche e sul mondo che contengono.

  7. Sono d’accordo. L’Albergo dei Poveri ha sicuramente tanti pregi, primo fra tutti la spaziosa biblioteca all’avanguardia.Tra i difetti invece posso riscontrare gli orari di apertura e l’inefficienza di qualche membro del personale del bar, inoltre il fatto che un giorno si e l’altro pure l’ascensore di Via Balbi 5 resti chiuso per allerta vento. Nonostante tutto però credo che siano i primi a prevalere sui secondi.

  8. L’Albergo dei Poveri è spazioso, luminoso, al passo con i tempi che viviamo. La biblioteca ha numerosi posti a sedere, alcuni anche vista mare, computer per la ricerca bibliografica, prese per caricare i nostri dispositivi digitali. Per non parlare delle aule di informatica, con postazioni per ogni studente. Un’altra vita rispetto a Balbi, dove per capire in che aula si deve dare un esame bisogna passare dalla portineria, che non sempre ha notizie e indicazioni fresche, superare labirinti, corridoi tortuosi e passaggi segreti. All’entrata dell’Albergo uno schermo indica dove si tengono lezioni ed esami in tempo reale. Certo, alcuni aspetti andrebbero migliorati. La pulizia del cortile interno, tanto bello e tanto sporco, per colpa di studenti incivili e di una mancanza di tempestività nella pulizia. O la situazione assurda che vive chi fuma, che non può fumare davanti all’ingresso, dove però ci sono i posacenere, ma deve andare dieci metri più avanti, dove non c’è alcun cestino. O il bar, gestito in maniera pessima. Bar dove molti borsisti vanno perché hanno il pasto gratuito, sacrificando una pausa pranzo soddisfacente e sana. Insomma, bello l’Albergo, ma si può ancora migliorare.

  9. L’Albergo dei Poveri è un edificio universitario spazioso ed efficiente, certamente il migliore nella zona di Principe. Non posso preferirlo però alle fatiscenti, strette e imbrattate aule di Balbi 4 dove ho trascorso i miei primi tre anni universitari e che sono un “luogo del cuore” per me.
    PS Avrei aggiunto link con foto delle università britanniche citate e all’oratorio delle donne (che non so cosa sia).

  10. La mia parte preferita dell’edificio? La vista. Impagabile lavorare – da professore o da studente – circondati da finestre che aprono su tutta Genova, dal porto alle colline ai palazzi di via Garibaldi. Si ossigena la visuale e un po’ anche il cuore: insomma all’Albergo dei Poveri si pensa meglio!

  11. Avendo passato il mio primo anno a Genova da studentessa non frequentante, non ho mai avuto molti contatti con l’Albergo, se non per dare un paio di esami.
    Concordo sul fatto che sia una struttura molto bella, anche se credo che alcune sue parti siano da ristrutturare e rendere più conformi alle necessità dell’utenza di oggi. Facendo un paragone tra l’Albergo dei Poveri e il Campus Luigi Einaudi di Torino, quello di Torino è sicuramente più avveniristico e all’avanguardia; d’altro canto, la struttura genovese ha un fascino “all’antica” impagabile, oltre a una cappella ‘nascosta’ proprio all’interno delle sue mura!
    Un buon connubio tra antico e moderno potrebbe certamente essere una splendida novità.

  12. Cara prof.
    le scrivo mimando le lettere di una volta perché, contrariamente al suo articolo, devo dire di non essere una “nativa digitale”. Certo, l’attesa rispetto ad altri è stata breve, ma ho imparato a scrivere con la penna, non ungendo uno schermo. Al di la della vena polemica condivido il suo stupore verso un’area rivalutata e poco conosciuta. C’è da dire che andando in via Balbi, sede di Lettere e filosofia, avrebbe conosciuto una storia molto diversa. Pare che una parte dell’interesse nel non citare l’edificio di cui scrive, sia di natura politica. Curioso come la polemica fosse nata dal voler destinare un’area dell’edificio a destinazioni di utilità sociale quando l’obiettivo primario della costruzione dell’edificio fosse proprio quello. Concludo citando un verso celeberrimo di via del Campo di De Andrè, “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. Credo sia proprio il caso delle aree restaurate dell’ex istituto Brignole, non trova?

    • Laura Guglielmi Reply

      Quale edificio non cito? Mi sfugge ora!

      • Devo essermi espressa male, non è lei a non citare un altro edificio, sono proprio gli altri media a non citare l’edificio di cui scrive lei, l’Albergo dei poveri stesso.

  13. La situazione all’Albergo dei Poveri è notevolmente migliorata negli ultimi anni, anche se si dovrebbe dare una sistematina alle varie parti ancora in decadenza e assumere al bar personale un tantino più simpatico, capace magari di servire cibo di qualità non sarebbe male 😉

  14. Silvia Marcantoni Taddei Reply

    Apprezzabile l’idea di presentare l’articolo accostando il passato al presente: in tal modo sia chi conosceva l’Albergo dei Poveri per com’era una volta che chi lo frequenta per com’è oggi può comprendere meglio l’evoluzione della struttura attraverso questa testimonianza. Io personalmente mi trovo bene a frequentare queste aule, non ho certo mai riscontrato problemi di mancanza di spazio. I soffitti molto alti e le finestre ampie danno un senso di elevazione agli ambienti, anche ai piani più bassi.

  15. Mi sono ritrovata nelle sue parole, in triennale a Torino mi sognavo aule e ambienti come quelli che ci offre l’Albergo dei Poveri a Genova. La biblioteca e i cortili interni sono i miei spazi preferiti. Insomma, questa sede universitaria mi rimarrà nel cuore!

  16. grazie per aver onorato la nostra università “l’albergo dei poveri”

  17. L’Albergo dei poveri è una piccola perla di Genova che andrebbe maggiormente valorizzata. Ha una storia dietro molto interessante, eppure ci sono aree che nemmeno noi studenti conosciamo!

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