I paesi liguri sulla costa un tempo erano poco sicuri, soggetti alle scorribande dei pirati, Dragut tra i più famosi. Tante sono le storie vere e le leggende tramandate da quei secoli lontani.

Molte sono le anche torri saracene rimaste, così chiamate perché servivano per avvistare in tempo le feluche dei maghrebini. Ora quelle tragiche vicende sono solo una lontana eco. Anche se parlando con un genovese o un cittadino della riviera può succedere che si lamenti, protestando per la pacifica invasione estiva dei turisti, soprattutto milanesi.

Andrea Doria fa catturare il pirata Dragut

Se potessimo parlare con una delle tante donne di Rapallo rapite e fatte schiave dal corsaro Dragut nel Cinquecento racconterebbe delle storie orribili. Così come alle Cinque Terre nel levante ligure o a Laigueglia o Civezza nel ponente. E anche molti uomini subirono una sorte analoga. Solo gli anziani venivano lasciati in pace.

Andrea Doria, il condottiero che da soldato di ventura era diventato l’uomo più potente di Genova, aveva anche fatto prigioniero Dragut. Si erano trovati spesso a combattere l’un contro l’altro, anche perché l’imperatore Carlo V aveva dato l’incarico all’astuto ammiraglio genovese di ostacolare il pirata nelle sue imprese di rapina e saccheggio nel Mediterraneo. Nel 1540 fu Giannettino Doria, l’erede designato da Andrea, a far prigioniero il terribile Dragut in Corsica. Lo portò con sé a Genova, dove si racconta che sia stato considerato come un ospite di tutto rispetto.

Dragut legato al remo della nave di Andrea Doria

La leggenda vuole che tra la moglie di Giannettino e Dragut fosse nata una bella tresca. A noi sembra strano: è in casa del nemico, viene trattato bene e rischia così? Ebbene si racconta che fu Andrea Doria a scoprire i due amanti. E fece immediatamente legare il corsaro al remo della sua nave ammiraglia per quattro lunghi anni. Gli storici non scrivono leggende e la versione più credibile è che Dragut, appena catturato, sia stato imprigionato sulla galera come rematore.

Dragut scappa dalla torre Grimaldina?

Non è finita qui, siamo a metà della storia. Dragut dopo quattro anni trascorsi a remare, venne trasferito nella torre Grimaldina, il carcere genovese. Ora la sua condizione di prigioniero è molto più sopportabile e può riprendersi dalle sofferenze patite. E si riprende così bene che, a un certo punto, riesce a scappare, cosa che fino ad allora non era mai riuscita a nessuno.

Andrea Doria contratta la libertà del corsaro

Qui, gatta ci cova, e infatti la verità sembra essere un’altra: si dice che la libertà di Dragut sia stata comprata dal suo capo e amico Khayr al-Din Barbarossa durante un incontro avvenuto nel Palazzo di Andrea Doria. La vulgata popolare vuole che, in quell’occasione, tra l’ammiraglio turco e quello genovese si sarebbe stipulato un accordo per la concessione della pesca del corallo nel mare circostante l’isola di Tabarca, vicina alla costa tunisina. In quell’isoletta si trasferiranno, sotto la guida dei Lomellini, diversi pescatori della riviera, prevalentemente pegliesi.

Dragut torna a saccheggiare la costa ligure

Dragut

Nel caso fosse vero, è possibile che a nessuno sia venuto in mente che era pericoloso ridare la libertà a Dragut? Tutte le terribili vicende di cui si parlava prima, da Rapallo a Laigueglia, avvennero subito dopo il “rilascio” del corsaro, dal 1545 al 1549.

Se i cittadini di Laigueglia vennero liberati dal capitano alassino Giulio Berno, che riuscì a impadronirsi dell’imbarcazione sulla quale stavano viaggiando verso una brutta sorte, a Rapallo avvenne il finimondo. Dragut e i suoi saccheggiarono, rubarono, distrussero e si portarono via tantissimi giovani, la metà donne.

Tra Andrea Doria e Dragut, una stima reciproca

La cittadina era assoggettata alla Repubblica di Genova da secoli, ma le truppe di Andrea Doria non riuscirono a far nulla. Forse Dragut non era poi così antipatico all’ammiraglio genovese: da condottiero a condottiero, da macho a macho qualcuno direbbe oggi, ebbe per il suo nemico e per le sue imprese grande ammirazione. Lo considerava un suo pari, anche se Doria (1466-1560) aveva diciannove anni più di Dragut (1485-1565). C’è un dettaglio che fa pensare si fosse affezionato al corsaro ottomano: in vecchiaia chiamò il suo gatto proprio Dragut.

La vecchiaia in solitudine di Andrea Doria

Ormai il condottiero genovese è rimasto solo, il suo erede è stato ucciso nella congiura dei Fieschi. La moglie Peretta Usodimare è morta da poco, nel 1550: sposare una signora cinquantenne era stata una scelta originale per il principe.

Dicevamo, è solo e si affeziona al suo gatto Dragut: li si può vedere ancora oggi insieme nella villa del Principe, in un ritratto di metà Cinquecento, nel salone dei Giganti. Proprio lì fu collocato il trono dove si era seduto sua maestà, l’imperatore Carlo v.

Il quadro di Andrea Doria con il gatto Dragut

La tela, attribuita al pittore fiammingo William Key, ritrae il vecchio Andrea Doria, con il viso smunto e rugoso, una lunga barba bianca e, intorno al collo, il Toson d’Oro che gli ha donato Carlo v.

Il principe guarda lo spettatore con due occhi straniti, nonostante il carisma che emana la sua persona. Il gatto, robusto e nel pieno delle sue forze, invece fissa il suo padrone. C’è una tensione palpabile, un forte contrasto tra i due. Doria ormai è stanco e alla fine della sua vita, mente il gatto Dragut appare maestoso nel suo portamento e dà una sensazione di sazietà e appagamento. Sic transit gloria mundi.

Questa sul 25 aprile è solo una delle ottanta storie del mio libro Le incredibili curiosità di Genova (Newton Compton). Si trova in internet o in libreria.

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