La poliziotta e lo straniero è un racconto che ho pubblicato qualche anno fa, nel 2007, nella raccolta Irresistibili bastardi. Amori, sesso e intrighi, uscita per i tipi dei Fratelli Frilli editori.

A cura della scienziata Adriana Albini, ci sono racconti, tra le altre, di Raffaella Grassi, Annamaria Fassio, Anna Parodi, Claudi Lupi, Luciana Chiesi De Fornari, Tittyna.

Oggi lo farei finire in un altro modo, voi?

Un passo e ci sei dentro

Samuel era appena arrivato dal suo Paese. Sembrava che il mondo ruotasse intorno a lui, come se potesse disporre di un bottone che gli permettesse di decidere i destini dell’umanità. Parlava un inglese elegante come me che l’ho imparato nei migliori college. Aveva le dita lunghe e affusolate, sopracciglia folte e labbra carnose. Era come se non aspettassi altro, dopo mezz’ora ero già lì adorante, un tappetino come direbbe la mia vice. Carla non fa altro che ripetermelo da quando mi hanno promosso, “Marta, ma come fai a essere così determinata nel lavoro e così cogliona con gli uomini?”.

A tavola ci siamo trovati vicini, e mentre Samuel mi passava il pane o mi sfiorava il ginocchio, già sentivo le sue mani sul mio corpo. Quando parlavo, era come se ogni parola uscisse dalla mia bocca solo per lui. Come se Carla non fosse lì insieme a suo marito, come se non ci avesse preparato quella stupenda cena. Avrei voluto che sparissero, lei e suo marito, che fossimo solo Samuel ed io in quella stanza, uno di fronte all’altra, a gustare i ravioli di pesce e il salmone irlandese.

Una vacanza in Irlanda

Carla era appena tornata da Dublino e stava raccontando quello che le era successo. A Belfast si era trovata nel bel mezzo di una manifestazione, striscioni, urla e qualche sparo. D’altronde era stata lì anche per quello, era curiosa di vedere come si comportano polizia e esercito in Irlanda del Nord.

Una vacanza stupenda, paesaggi straordinari, colline verdi e brulle, “sembra di essere in alta montagna e invece sei a pochi metri sul livello del mare”, raccontava Carla. Le scogliere a picco, le rocce dove pascolano le capre. Ma le sue parole mi sfioravano appena, era come se arrivassero da un’altra stanza, non facevo parte di quella conversazione, io ero lì solo per lui, ero stata creata solo per lui, mai mi era capitata una cosa simile.

Una grande passione

Il giorno dopo, Samuel mi ha telefonato. Quando ho sentito la sua voce dall’altra parte del filo, un forte calore mi è salito dalle cosce fin su alla gola, mi sentivo quasi soffocare. Non riuscivo a parlare, e lui mi ha chiesto se era stato indiscreto, “forse sono stato un po’ invadente”.

Ricordare i nostri primi giorni assieme mi fa soffrire ancora di più. Quella sera si era già infilato nel mio letto. Si sentiva maschio, era sicuro di sé, sembrava mi conoscesse da sempre. Non una esitazione, non una timidezza. Il piacere mi squarciava dentro, rompeva la corazza di cristallo che avevo costruito in anni di incontri con uomini in crisi e incapaci di capire cos’è che vuole una donna. Tutta la notte svegli a fare l’amore come non lo avevo mai fatto.

Ed è subito inferno

Me lo rinfaccia ancora adesso: “Tu non sei in grado di educare nostra figlia, sei una che la dà a tutti, una che appena conosce un uomo ci va a letto. Mi fai schifo, ribrezzo”. Ha imparato l’italiano ora e tutte le cattiverie del mondo le sa dire anche nella mia lingua, la lingua che io uso per amare, vivere e lavorare.

Mi vuole portare via la bambina, me lo dice tutti i giorni: “Ci vuole qualcuno della mia famiglia che la educhi, tu non sei in grado, sei solo una sporca puttana italiana”. E mi lascia lividi sui fianchi, neri come il carbone. Picchia anche la bambina, quando vado a lavorare e la lascio sola con lui. “Se non ubbidisci a tuo padre, diventerai una puttana come tua madre, sei figlia sua, chissà chi è tuo padre”, le ha detto una volta. La piccola è scoppiata a piangere, non smetteva più e lui non mi permetteva di prenderla in braccio e consolarla.

Alla fine l’ho sposato

Invece di lasciarlo, denunciarlo e farla finita, l’ho sposato. Sì, l’ho sposato e ora non so come tutelare me e la bambina. L’unico scopo della mia vita è portare fuori mia figlia da questo incubo, non vedo più le amiche, non vado più in giro da sola. Mi lascia andare a lavorare perché porto a casa il necessario per vivere e lui è disoccupato. “Devo studiare, prendermi la laurea anche qua in Italia”, ripete come un disco rotto ma non fa niente dalla mattina alla sera.

Non appena ritorno a casa dopo che sto dieci ore chiusa in questura, lui esce e a volte sta fuori tutta la notte, avrà trovato un’altra da torturare. “La mia religione me lo permette, chi te l’ha fatto fare di sposarmi? Ora sei mia proprietà e fai quello che dico io. Capito?”

Ho capito bene, sì ho capito. Non vedo l’ora che la bambina abbia diciotto anni, speriamo che non la rovini prima. A volte è come se stesse dalla sua parte, anche perché trascorre tutti i pomeriggi insieme a lui. Sembrerà assurdo ma io lo amo ancora.

Le preoccupazioni di Carla

Devo intervenire, non posso lasciare la mia capa in quelle condizioni. Marta non ne vuole mai parlare con nessuno, ma io ho capito tutto, già da tempo. Ancora maledico quella volta che ho invitato a cena quel pazzo, Samuel l’avevo conosciuto in questura, era lì per il permesso di soggiorno e abbiamo cominciato a parlare.

Il mio inglese era stentato, il suo perfetto, sembrava un cittadino britannico. Era raffinato, un bell’uomo, appena arrivato in Italia. L’ho incontrato altre volte e, dopo un po’ di tempo, l’ho invitato a cena, volevo farlo conoscere a Marta che era in crisi con Fabrizio.

Voglio molto bene alla mia capa, è coraggiosa, risolve sempre i problemi in un batter d’occhio. Da quando sono la sua vice, vado a lavorare più volentieri. Sappiamo quanto è importante creare dei buoni rapporti con i colleghi sul lavoro. Gli uomini la rispettano, anche se a volte la sfidano, la mettono alla prova, ma il nostro è un mestiere duro e ci siamo abituate.

Marta sa il fatto suo, tutti capiscono subito che è in gamba, meno lui, quell’uomo maledetto che la tiene chiusa in casa, non ci lascia neanche più andare al cinema da sole, non vuole neanche più che la inviti a cena.

Se potesse non la manderebbe neanche più a lavorare, ma non la può mantenere così accetta, il parassita. E poi la sera torna a casa tardi ubriaco, si siede davanti alla televisione in sala e sta lì tutta la notte, non si mette neanche le cuffie e Marta si sveglia e la sua vita è un inferno.

Le donne devono onorare il marito

Non riesco ad abituarmi alle donne italiane, cosa hanno nella testa, non fanno altro che costruirsi la loro infelicità giorno dopo giorno. Al mio Paese sono diverse anche se studiano, poi capiscono che il loro ruolo è onorare il marito, stare in casa, allevare i bambini.

Mi manca la mia gente, sono dovuto venire via perché lì non avevo nessun futuro, ma in questa città cosa ho costruito? Mi devo far mantenere da mia moglie e la mia seconda donna mi tradisce, si fa scopare da un altro. Forse la bambina non è figlia mia, viene educata in un modo che non mi piace, non voglio che vada neanche più dai nonni, la corrompono, la rovinano, come vorrei fosse qui mia madre.

Ormai Marta si è sottomessa, ha capito chi è che comanda in casa, però quest’altra che ho trovato è proprio una puttana, di quelle vere. Ha un altro e io l’ho scoperto, l’ho seguita mentre usciva dalla libreria dove lavora, mi aveva detto che non potevamo vederci, che doveva fare gli straordinari e invece aveva un appuntamento con un altro. Ma a me mica si può buttare via così, adesso gliela faccio vedere io a quella stronza.

Samuel passa all’azione

Finalmente Marta se n’è andata a letto, adesso entro in azione. Vado in bagno, mi faccio la barba, mi metto il dopobarba preferito dalla mia puttana, il mio completo migliore, quello che mi ha comprato Marta per il mio trentacinquesimo compleanno, la cravatta firmata. Entro in stanza dalla bambina, le do un bacio. Eppure mi assomiglia, si vede che è figlia mia, la vorrei portare al mio Paese perché cresca bene, come voglio io, come sono cresciute le mie sorelle, con l’onestà negli occhi.

Vorrei diventasse una donna che si conserva vergine fino al matrimonio, come tutte le donne della mia religione, pura per l’uomo della sua vita. Qui chissà cosa le potrebbe succedere. Anche se ho messo in riga sua madre, è la società che è corrotta, basta mandarla a scuola perché le entrino in testa le idee sbagliate. Ciao piccola, papà va a fare una cosa che deve assolutamente fare.

Adesso entro in camera, Marta finalmente dorme, apro l’armadio in silenzio, eccola lì la fondina con dentro la sua pistola. Non la devo toccare con le mani, non devo lasciare nessuna impronta digitale, devo stare attento, non mi deve sfuggire niente, ne va della mia vita. Se il piano riesce mia figlia diventa solo mia, posso educarla come voglio.

Adesso ho in mano la pistola, l’ho presa, non è la prima volta, ho anche minacciato Marta puntandogliela alla testa, ma era per gioco, ora sto facendo sul serio, il divertimento è finito.

Una trappola perfetta

Sto uscendo da casa ora, vado a piedi così nessuno mi nota. Entro nel mio solito bar e comincio a bere, un bicchiere dietro l’altro, ma stasera faccio solo finta, devo essere lucido, lucido come non sono mai stato. Ormai sono qui dentro da mezz’ora, ci metterò dieci minuti e poi tornerò qui al bar.

Esco dalla porta di sicurezza vicino al bagno, non c’è nessuno, vado. La casa della mia puttana preferita è a due passi: sto salendo le scale, nessuno mi ha visto, sto suonando il campanello, le sto sparando in faccia, al cuore, la sto ammazzando questa maledetta puttana, la sto ammazzando con la pistola di Marta, una trappola perfetta.

Il sogno è finito

Sto impazzendo, non so cosa fare, non trovo una soluzione. Un omicidio non si può mettere a tacere, che cosa faccio? I colleghi hanno ritrovato nel cassetto del comodino una foto di Samuel abbracciato a quella donna. Il capo della squadra mobile ha ucciso l’amante del marito con la pistola d’ordinanza, me li vedo i giornali domani, ci mangiano la faccia, siamo finiti, tutta la questura in subbuglio. Uno squallido delitto passionale.

Non è possibile, non può essere stata Marta, o forse lui l’aveva portata all’esasperazione. Secondo me è stato lui, ma come si farà a provarlo? Lavoro bene con la mia capa, la chiamo così per l’affetto che ci lega. Due donne a dirigere la squadra mobile, un manipolo di uomini guidati da noi due, ci hanno anche intervistato tanti giornali, i settimanali femminili, le prime in Italia, è stato un caso.

Il sogno è finito, chissà la bambina come la prenderà. Ora Samuel sarà l’unico a crescerla, non ci voglio pensare. Eppure le prove contro Marta sono schiaccianti. L’inferno? Basta un passo e ci sei dentro. I colleghi sono appena saliti in macchina per andarla a prendere, toccherà a me interrogarla per prima.

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