Genova, città di romanzieri e scrittori? Ragioniamoci un po’ sopra!
Una città spigolosa e contorta, con molti angoli nascosti, che però si apre alla luce del Mediterraneo appena può. Le piazze del centro storico medievale sono dei piccoli slarghi, c’è poco spazio e Lei è cresciuta come poteva, con gli edifici addossati gli uni agli altri. A volte mi si para davanti agli occhi la sua immagine, mentre cerca di scrollarseli tutti di dosso, soprattutto i palazzi che si arrampicano su per le colline, come fosse un cavallo imbizzarrito. Un po’ Lei lo è.
Genova le sue luci e i suoi umori
Come hanno già detto in tanti, la si coglie bene dal mare, non quando si è immersi nei suoi umori. Solo arrivandoci in barca si può vedere il suo sorriso, capire se è triste o se si sta annoiando. Se entri nell’intrico dei vicoli il sole lo vedi poco, come a New York si dona solo quanto è alto nel cielo. Per dirla con De André,
Nei quartieri dove il sole del buon Dio
non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente
d’altri paraggi.
Meglio sulle alture, soprattutto dove la speculazione non ha pugnalato il territorio. Migliaia le finestre spalancate sul mare, dove lo sguardo si perde sul filo dell’orizzonte, con cui Antonio Tabucchi ha intitolato un suo romanzo, ambientato a Genova. Così lo scrittore toscano, che ha vissuto qui alcuni anni, racconta il suo viaggio a bordo della funicolare che porta al Righi:
Poi all’improvviso i muri si aprono: è come se l’ascensore avesse sfondato i tetti e puntasse direttamente verso il cielo, per un attimo ci si sente sospesi nel vuoto, i cavi della trazione scivolano silenziosamente, il porto e gli edifici fuggono in basso, si ha quasi l’impressione che l’ascensione non si fermerà più, la forza di gravità pare una legge assurda e la città un giocattolo dal quale è un sollievo disabituarsi.
Dall’alto ne percepisci alcune fette, dal Parco Urbano dei Forti giù oltre gli strapiombi ecco la val Bisagno o la val Polcevera; dal Monte Fasce Lei si allunga pigramente verso Ponente, e dal Faiallo è sdraiata laboriosa verso Levante, con il Porto di Prà sempre in movimento. Sonnolenta d’estate e attraversata da raffiche di vento gelido d’inverno.
Genova, una città che ti strega
Sono arrivata in città a venticinque anni, ammaliata dai vicoli e dalla loro vita pullulante, ma mi sento a casa mia ovunque, dalla Colombia all’Eritrea, dagli Stati Uniti alla Cina, basta che intorno a me ci siano persone che guardano oltre il loro ombelico. Però una cosa la voglio dire: Lei è una città che ti strega, se ti prende non ti molla più, ti tiene stretta al guinzaglio.
I Genovesi si sono sempre fatti guerra tra di loro, una Repubblica ricca e potente sui mari, con un territorio striminzito. Camillo Sbarbaro lo ha rivelato con il suo tocco lieve:
Scarsa lingua di terra che orla il mare,
chiude la schiena arida dei monti;
scavata da improvvisi fiumi; morsa
dal sale come anello d’ancoraggio.
E in questa scarsa lingua di terra gli abitanti hanno trovato sul mare uno sfogo e nelle colonie del Mediterraneo grandi ricchezze. Avevano bisogno di respirare i genovesi, salivano a bordo delle loro galee e navigavano per anni. Ma a casa stavano stretti, gomito a gomito, le famiglie litigavano tra loro, tresche cospirazioni e trame costellano la sua storia di Superba. Trame appunto, Lei è una città fatta per essere descritta, è una città aggrovigliata e intricata, gli intrighi fanno parte del suo Dna, la sua Storia ne è piena. E tante piccole storie da narrare sembrano essere pronte per venire alla luce, basta andare a scovarle.
Genova nel passato non ha dato i natali a nessun grande autore
In passato Genova era uno dei centri internazionali più potenti e ricchi del mondo allora conosciuto. La Superba però non ha avuto né un Dante, né un Petrarca, né un Boccaccio. Tra l’altro, Petrarca l’ha lodata, ma Dante invece l’ha coperta di insulti.
Per amor del vero, va detto che La Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine (Varazze) fu letta e tradotta, fino al Seicento, quasi quanto la Bibbia. Inoltre, proprio nel 1600, Genova e la Liguria furono la capitale della letteratura barocca italiana. Ma ora questi autori non li si ricorda più.
Da Flaubert a Dickens, da Montale a Campana, da Caproni a Conrad
Malgrado diversi scrittori stranieri, da Flaubert a Balzac, da Twain a Dickens, l’abbiano visitata e ne abbiano tessuto le lodi, nessuno dei maestri della storia della letteratura si è mai azzardato ad ambientarci un romanzo.
Al contrario, invece, molti poeti nella storia recente, da Eugenio Montale a Dino Campana hanno trovato in questa città e nelle sue riviere una fonte di ispirazione. Basti citare la famosa Litania di Giorgio Caproni. Però erano poeti, non narratori.
Solo Joseph Conrad (1857-1924) – tra i grandi scrittori del passato – ha ambientato un romanzo a Genova, che si intitola Suspense. Non a caso è incompiuto ed è uscito postumo nel 1925. E in pochi lo conoscono, anche se dalle quelle pagine viene fuori il miglior Conrad. Ci sarebbe da scrivere un intero saggio sulla scelta del titolo, Suspense, in rapporto alla città che vi viene descritta, attraversata da uno stato di tensione, in attesa di un evento di cui non si parla mai apertamente, forse per scaramanzia o forse per esorcizzarlo. Così, tra mezze parole, i personaggi di Suspense fanno montare l’ansia e l’aspettativa. Come andrà a finire?
Il successo dei romanzieri genovesi
Oggi, a differenza del passato, c’è un fiorire di scrittori nati in questa città e che pubblicano per la case editrici nazionali. Anche se entrare nella storia della letteratura è un’altra cosa. Non ne cito nessuno, sono troppi, molti dei quali amici cari, potrete trovarne una lista qui.
La scrittura a Genova è quindi diventata popolare, iniziando dal noir. In un articolo uscito sul Secolo XIX qualche tempo fa, scrivevo che i delitti narrati negli ultimi vent’anni sono molti di più rispetto a quelli realmente accaduti. Il merito è stato dell’entusiasmo di Marco Frilli: la sua casa editrice ne ha sfornati a centinaia e qualcuno, come Bruno Morchio, ha poi preso il volo.
Leggere un romanzo di Bruno è un buon assaggio di quanti luoghi genovesi sembrano fatti apposta per creare immagini nella mente di uno scrittore, dai tetti del centro storico allo Stradone di Sant’Agostino, dalle zone ricche di Albaro al più popolare quartiere del Carmine, con carruggi e piazze che si chiamano Cioccolatte o Giuggiola. E poi le crêuze che si arrampicano verso Castelletto. In una di queste, Salita San Francesco 7, ha vissuto Paul Valery. Dopo una notte di fulmini e tempeste, il poeta francese entra in crisi e decide di smettere di scrivere poesie per ben vent’anni, la famosa Nuit de Gênes. Lei, la signora, è stata anche capace di questo.
Vorrei ricordare anche la zia di tutti gli scrittori genovesi, oggi ha 95 anni, è molto brava, anche se non ha avuto il successo che si meritava, Camilla Salvago Raggi.
La regina disadorna di Maurizio Maggiani
E poi Sottoripa, la Ripa Maris, che un tempo si affacciava sull’acqua, la Darsena e Calata degli Zingari, Piazza Stella e Piazza Banchi, i vicoli dove Maurizio Maggiani fa muovere i personaggi della Regina disadorna. Maurizio ama perdersi nell’angiporto dove ancora si sente l’odore della fatica dei camalli, della Genova operosa, protagonista dell’industria italiana e delle lotte operaie del Novecento. Anche se a me ha confidato che, per lui, la più bella piazzetta di Genova è Sant’Anna sopra la circonvallazione ottocentesca, con il suo convento dei frati carmelitani.
Chissà in quanti la state descrivendo in questo momento. Aspettiamo impazienti, mentre Lei è lì fiera che vi sorveglia tutti, Lei la Superba.
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