Una cosa che dovete fare assolutamente, visitate il parco di villa Durazzo Pallavicini di Pegli. Volevo scriverne già a metà giugno, poi ho rimandato e, nel frattempo, lui è diventato ancor più vanitoso: ha vinto la XV edizione del Premio Parco più bello d’Italia. Ne avevo accennato, in occasione del mio “spunto” sul Parco Villa Duchessa di Galliera di Voltri, una delle altre bellezze del Ponente Genovese.

È sabato pomeriggio, siamo nella prima metà di giugno. Con noi una coppia di amici tedeschi. Rimango subito stupita da quanto sia bello e in ordine. E non riesco a fare un passo senza scattare una foto. Se siete genovesi e non ci siete ancora stati, ahimè state commettendo un vero reato. E se siete foresti, qui troverete un parco che non ha niente da invidiare alle dimore nordeuropee di solito più curate. Siamo sempre in Italia, però, e la perfezione non abita in questo Paese.

Non descriverò il percorso in dettaglio, c’è chi l’ha già fatto bene, ma vorrei sottolineare quanta gioia nel trovare tante sorprese sul percorso, all’inizio tutto in salita, che porta su fino al castello del capitano, passando per la tribuna gotica, la coffee house, l’arco di trionfo, il romitaggio, il viale delle camelie, il lago vecchio, la sorgente, la cappelletta di Maria. Una volta arrivati al castello si scende, e si incontra il mausoleo del capitano, il parco divertimenti (antico non si può usare), e poi il famoso laghetto con il tempio di Diana e il ponte cinese. Tutt’intorno all’acqua: l’obelisco egizio, i giardini di Flora, il chiosco turco, la rimembranza, il ponte romano, il chiosco delle rose e il labirinto. Quando pensi che lo spettacolo sia finito, c’è ancora qualcosa che ti aspetta al varco.

Michael, l’amico tedesco ad un certo punto se ne esce con una battuta delle sue: «Questi nobili nullafacenti sicuramente invitavano spesso artisti che insegnavano loro a disegnare». Infatti come a me viene da fotografare, immagino che in passato molte nobildonne si siano soffermate a dipingere questi angoli scenografici, dove la natura ben si miscela con le architetture e le decorazioni. Signore bardate con tanto di cavalletto e di artista-maestro al seguito.

Sulla sommità del parco, ci attendono il panorama su Pegli e il castello del capitano.  Incontriamo Franco Galbo, un volontario che sta innaffiando il prato. Fa parte dell’Associazione Amici di villa Pallavicini. Sua moglie Margherita, invece, fa la castellana e dà il benvenuto a chi varca la porta. Simpatico e ciarliero, Franco mi esprime tutto il suo entusiasmo ed orgoglio per questa chicca che Pegli ha ereditato. Invece sul ponte cinese, mi bloccano due sposi freschi, Annalaura e Vincenzo, che stanno in posa per un servizio fotografico, e ne scatto una anche io. Di dove siete? Chiedo. Di Pegli, mi rispondono con un’espressione stupita come se volessero dirmi: ma che domanda mi fai?

Certo Villa Durazzo Pallavicini non è in paradiso, il rumore dell’autostrada, visibile in più punti, ti accompagna per lungo tempo e ti ricorda che il Ponente Genovese ha subito tanti travagli, così come i serbatoi petroliferi della SNAM dall’altra parte della collina non aggiungono bellezza allo sguardo. Ma davvero, ci si fa poco caso. Vi consiglio di sedervi sulla panchina, davanti al tempio di Diana, circondato dall’acqua, e al ponte cinese che l’acqua l’attraversa. Un buon luogo per meditare, per leggere, per chiacchierare.

Mentre sono qui accoccolata mi sembra di sprofondare indietro nel tempo. Siamo nell’Ottocento e Pegli è piena di orti e di boscaglia mediterranea. Le sue case accucciate sul mare guardano lontano laggiù all’orizzonte. Il marchese Ignazio Alessandro Pallavicini, proprietario della villa e del parco, è seduto qui vicino a me. Sta fissando compiaciuto il tempio di Diana. Ha appena fatto costruire la stazione ferroviaria e il nuovo palazzo del Municipio. Pegli sta diventando una delle più importanti località balneari dell’epoca. La nobiltà europea spesso è sua ospite. Ha appena dato un ricevimento e ora si sta riposando, ai bordi del laghetto. Mi perdo in queste fantasie e quando riacchiappo la realtà tiro un sospiro di sollievo. Questo angolo di mondo è ancora così, com’era allora, quando Ignazio era al mondo. Si è salvato.

Dietro a tutto questo c’è una storia, il Parco di Villa Pallavicini è stato concepito come un teatro all’aperto, dove il visitatore diventa spettatore di un’opera romantica. Come indicano i cartelli (leggeteli!), il percorso si snoda come una trama teatrale. Le architetture, gli arredi, le fontane, i laghetti, i torrentelli, e le piante mediterranee o esotiche sono state selezionate per creare un grande palcoscenico.  Il visitatore attraversa ambienti tra i più vari, con scenografie medievali o neoclassiche, così volute da Michele Canzio. È un viaggio iniziatico, insomma. Che non si può non fare una volta nella vita. Soprattutto se si abita a Genova. Intesi?

Tutte le info sui prezzi e la mappa sono sul sito del parco.

Lo spunto va in vacanza, ci vediamo di nuovo a settembre. Grazie per avermi seguito con costanza per tutti questi mesi. Vi sento vicini, state aumentando sempre più e di questo vi ringrazio di cuore. Da parte mia cerco di mettercela tutta, raccontando ciò che funziona e va salvaguardato in questo nostro Paese. Mi mancherete.

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Pubblicato per la prima volta su mentelocale.it

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