Ogni volta che Piero Simondo arriva a Cosio D’Arroscia, le vecchie case si racchiudono in un bozzolo di nebbia. Come se ci fosse un rapporto magico tra lui e il paese. Il borgo se ne sta arroccato sulle Alpi Liguri, a una ventina di chilometri dalla Francia. Simondo è nato quassù nel 1928. Anche se non tutti lo conoscono, ha avuto un ruolo importante nell’arte e nella Storia europea.

A Cosio l’Internazionale situazionista

Nell’estate del 1957 invita alcuni amici artisti e intellettuali a Cosio e insieme, proprio qui e proprio in quei giorni, fondano l’Internazionale Situazionista, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario.

Cerchiamo di immaginarceli quel gruppo di amici finiti per caso in un paesino ligure, per dare un impulso alla StoriaGuy Debord si alza presto, accompagna con una certa forza il portone in legno della vecchia casa in pietra a vista e si siede ad un tavolino del baretto di Piazza san Sebastiano. Ordina un bicchiere di vino rosso. Non sa ancora che le sue teorie accenderanno la miccia del Sessantotto francese, e che diventerà famoso per il suo saggio sulla società dello spettacolo (1967). Il bar dove sta bevendo il suo rosso è sulla sommità del paese. Insieme a Guy Debord e Piero Simondo, a Cosio sono arrivati il pittore danese Asger Jorn, l’eclettico Pinot Gallizio, l’acuta scrittrice Michèle Bernstein, moglie di Guy, il musicista Walter Olmo, Elena Verrone, moglie di Simondo, e Pegeen Vail Guggenheim – figlia della famosa collezionista d’arte Peggy – con il suo compagno fotografo Rulph Rumney. Pegeen però da vera miliardaria se ne dorme nell’hotel al bivio con la strada che porta a Col di Nava, dove pare abbia alloggiato anche il principe di Monaco.

Guy Debord e il vino Cosiate

Soffermiamoci su Debord che beve tutto solo in piazzetta il vino rosso al posto del cappuccino, mentre gli altri stanno ancora dormendo disfatti per la lunga notte di bisboccia e di discussioni sul futuro del mondo, dell’arte, dell’economia. Il vino si chiama Cosiate e si dice che non esista più da qualche anno.

Il museo dedicata a Piero Simondo

«Fino a dieci anni, la gente del paese li considerava come delle persone un po’ fuori di testa, ora stanno diventando Storia», mi racconta Daniela Apolloni, mentre presidia il nuovo spazio dedicato a Piero Simondo, una bella casetta gialla, fresca di ristrutturazione, che si appoggia al dirupo. È stato inaugurato il 29 luglio scorso, in occasione del sessantesimo anniversario della fondazione dell’Internazionale Situazionista, insieme al critico genovese Sandro Ricaldone e alla giornalista Donatella Alfonso, che ha da poco pubblicato un libro su questo gruppo di giovani che voleva cambiare il mondo, Un’ imprevedibile situazione. Arte, vino, ribellione: nasce il Situazionismo, dedicato a quei giorni frenetici del luglio 1957.

Guardo le opere di Simondo in mostra nel nuovo spazio, tra cui Paesaggio Ligure (1958), Reverevant un revere(1995), Grigio Viola, elaborato insieme ad Asger Jorn (1955-56) e Montagna (1976). Leggo le firme sul libro dei visitatori e trovo alcune frasi della transgender bolognese Helena Velena, appassionata di Cosio e di quello che qui è successo: Urlo perché sono punk, Transgender per la liberazione dei corpi e il godimento del tutto. C’è anche la testimonianza di Antonio che è arrivato a Cosio da Trento in bicicletta e che si definisce situazionista convinto.

A zonzo per Cosio

Daniela ci conduce in giro per Cosio, respiriamo l’atmosfera di sessant’anni fa. Ecco le cantine che gli abitanti di Cosio aprivano per offrire da bere ai ragazzi, ecco dove dormivano ed ecco la casa, dove un tempo c’era la targhetta con su scritto Piero Simondo pittore.

Saliamo e scendiamo per i carruggi, qua e là appese alle vecchie mura del paese le foto di sessant’anni fa, ecco Elena seduta sulle spalle di Simondo che se ne sta accucciato, Guy e Piero nell’intrico dei vicoli, poi mentre salgono per una mulattiera, Guy da solo, con quel piglio da capetto che ha fatto scappare Simondo dall’internazionale Situazionista nel gennaio del 1958 (guarda la fotogallery). Ci imbattiamo in una targa sotto alla vecchia casa di Simondo: c’è scritto quello che è successo tra queste mure il 28 luglio del 1957. Entriamo nella Chiesa di San Sebastiano, sopra l’altare un dipinto restaurato da Piero Simondo, raggiungiamo U furnu de Mariniche viene aperto solo in occasioni speciali, poi la chiesa parrocchiale e il bel campanile dell’oratorio dell’Assunta, dove è custodito il cartelame della Flagellazione. Entriamo nel Museo delle Erbe proprio lì di fianco.

Che cosa si nasconde nelle cantine

Daniela ci fa conoscere un personaggio particolare, Gianfranco. Ci raggiunge trafelato dalla campagna, apre un locale a pianterreno sotto un passaggio coperto e ci troviamo in un mondo che non c’è più. Da sempre raccoglie oggetti della cultura contadina, per mettere in salvo la memoria dei suoi antenati, campanacci per le mucche e per le pecore, aratri, basti da traino, ferri da stiro, albanelle, pentole e padelle. E chiavi di porte lunghe e rugginose che chissà a quali mondi davano accesso.

Faccio fatica a fotografarlo, è schivo, però poi ci fa una sorpresa, va in casa e prende una chiave antica, che però funziona. Ci apre un altro locale che si affaccia sul carruggio. È la sua cantina. Ci offre un vino di sua produzione. E ci va vedere come lo bevevano un tempo, con l’imbuto, tappato da una patata. Tutt’intorno a noi formaggi della valle, pomodori e cipolle, olive e un stoccafisso appeso.

Che vino è Gianfranco, gli chiedo? È l’ultima mia damigiana di Cosiate, ho tagliato via la vigna quest’anno per piantarci gli olivi. Daniela ci guarda esterrefatta, lei è di Cosio e non beveva da anni il vino che ha stregato Guy Debord e i suoi compagni.

Sento un tuffo al cuore, se ci vai dentro alle cose, se le cerchi per sentirle davvero, penso, le cose ti parlano prima o poi. E questo Cosiate mi sta parlando nella testa, basta un bicchiere e già mi sento trasportare verso quel mondo scomparso. «Con questo vino in corpo ti viene voglia di cambiare il mondo», ribadisce Daniela.

Tutti a cena da Maria

È tardi, torniamo in piazza san Sebastiano dove ci aspetta Marinella, una cara amica con cui ho fatto l’università. È nata e cresciuta a Mendatica, un bel paese qui vicino. Stasera si va a mangiare insieme da Maria, una trattoria di Cosio che è rimasta come era nell’estate del 1957. E dove ti danno da mangiare quello che vogliono loro, cioè dieci antipasti, due primi e tre secondi, nonché il dolce per 27 euro a testa.

Marinella anche noi volevamo cambiare il mondo, vero? Cambiato, è cambiato davvero, ma non tutto è andato per il verso giusto. Qualcosa è marcito e puzza. Ma non siamo nate per arrenderci. Altrimenti perché saremmo qui a Cosio insieme stasera?

Forse è colpa del Cosiate di Gianfranco o di Guy Debord, ma è come se tutto tornasse. Sono serena. Dai, non proprio tutto è andato per il verso sbagliato, mi dico.

Stringo gli occhi, mi sforzo e poi lo vedo, è lì davanti a me. Devo coltivarlo con attenzione.

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Pubblicato per la prima volta su mentelocale.it

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