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Borgomaro

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Oneglia e Porto Maurizio, una volta cittadine indipendenti, ora fanno parte di Imperia. Hanno anche due diversi entroterra con una costante comune: le foreste d’oliveti che ogni anno producono la cultivar taggiasca. Un’oliva che fornisce l’olio genuino, dolce e leggero (massimo di acidità uno per cento) del ponente ligure, che serve per condire piatti dal sapore delicato. Oggi ci inoltriamo nella valle del Maro.

La valle del Maro

Un olio che nasce dai frantoi artigianali con le tipiche mole di pietra colombina. La lentezza della spremitura e la temperatura dell’ambiente sono gli “ingredienti” principali. La valle del Maro è la culla dell’olio e dell’arte medievale e barocca.

La valle del Maro raggiunge prendendo la statale 28, dopo aver superato Pontedassio e Chiusavecchia si deve svoltare al bivio per Borgomaro. All’ingresso della valle si incontra subito San Lazzaro Reale. Il suo ponte medievale a due arcate con le cascatelle d’acqua e gli ulivi che si arrampicano sul dorso della collina.

Poco più avanti è situato Borgomaro, composta da tante piccole frazioni sparse nella valle. Dopo aver attraversato il ponte all’ingresso del paese si può fare una visita alla parrocchiale con l’alto campanile a cuspide e con una graziosa loggetta. All’interno sono custoditi un polittico dei Santi Nazario e Celso del XVI secolo e un pulpito con intarsi di pietre dure.

Il frantoio di Laura Marvaldi

Lì vicino si trova il frantoio di Laura Marvaldi, adagiato sulle limpide acque dell’Impero. Vende olio, olive in salamoia e salsa d’olive. La proprietaria è convinta che produrre olio non è un mestiere qualunque. Bisogna avere con il proprio lavoro un rapporto quasi magico, frutto di una saggezza antica, fatto di sensazioni tattili e percezione dei colori. Per dimostrarlo tanti anni fa ha pubblicato un libro, una storia di donne e ulivi, che ha come protagonista sua zia Angela.

Nei dintorni di Borgomaro

Fuori dal nucleo abitato di Borgomaro, in direzione Maro Castello, prendendo un bivio sulla destra, si raggiunge la bellissima chiesa di San Nazario e Celso. È forse il primo insediamento religioso della valle, rifatta nel XV-XVI secolo, ma con la base del campanile dell’XI secolo.

A Maro Castello, invece, si trovano i ruderi del castello dei temuti conti di Ventimiglia, i signori del Maro dal 1202. Nel 1455 la valle del Maro passò ai Lascaris di Tenda e, poco più di un secolo dopo, a Emanuele Filiberto di Savoia.

La quercia più grande d’Europa

Proseguendo per Ville San Sebastiano e prima di Ville San Pietro si incontra un bivio, che porta nella frazione di Conio alla ruve de mégu. Qui si può ammirare la quercia più grande d’Europa. Da Ville San Pietro si può raggiungere anche Aurigo, rinomato per il pane prodotto con tecniche antiche. E anche Candeasco per visitare l’oratorio della Beata Vergine del Fossato con i pregevoli stucchi barocchi.

Da Colle d’Oggia un intrico di valli

Se invece si prosegue si può raggiungere Colle d’Oggia (1167 m.) per scendere a Rezzo e in valle Arroscia, oppure a Molini di Triora o a Carpasio in valle Argentina. Si può anche fare una sosta a Conio, da vedere il santuario di San Maurizio con il campanile a torre, il castello dei conti di Ventimiglia e le famose coltivazioni di fagioli resi così prelibati dall’acqua della sorgente dell’Impero.

Dulcis in fundo: la meravigliosa Lucinasco

Ritornando indietro, prima di Maro Castello si incontra una tortuosa strada che si inerpica tra gli ulivi centenari. Conduce a Lucinasco (500m), il borgo più conosciuto della vallata, appoggiato sul crinale di una collina. Da lassù si può vederla tutta la valle del Maro, con i suoi borghi immersi nel verde. La monocoltura dell’olivo nei secoli ha profondamente influenzato la cultura e la vita degli abitanti.

Le terrazze liguri (fasce) con i tipici muretti a secco, scavate nella roccia dai contadini in modo da rendere coltivabile la montagna, in molti punti non permettono ancora la meccanizzazione per la mancanza di spazio e le olive vengono raccolte a mano.

Lucinasco, come tanti altri paesi dell’entroterra imperiese, ormai da decenni è stato preso di mira dai tedeschi che hanno comprato le case in pietra abbandonate e le hanno rimesse in sesto. In paese e nei dintorni le cose da vedere sono tante e forse non basta un giorno per godere di tutte le sue attrattive.

Si potrebbe cominciare dal Museo di Arte Sacra “Lazzaro Acquarone”. Di forte impatto sono le sette statue che circondano il Cristo morto (legno dipinto del sec. XV): inquietanti la statua della Madonna e di Giovanni Evangelista. Sono state disinfestate nel 1983.

Curiose da vedere sono le boette, gli antenati dei mortaretti: durante le feste venivano riempiti con la polvere da sparo e scoppiavano facendo scintille. All’interno anche un frantoio (gumbu in dialetto) a trazione animale, oggetti agricoli e la ricostruzione di una stalla con tanto di mangiatoia e finimenti. Vicino alla parrocchiale si può prendere un sentiero che porta al castello dei Conti di Ventimiglia, tutto ristrutturato da privati.

Il laghetto di Lucinasco

E infine arriva il più bello. In pochi minuti a piedi si può raggiungere Santo Stefano, l’antica parrocchiale riflessa in un laghetto che cattura anche i colori del paesaggio circostante. Ci si può riposare all’ombra dei cipressi o fare una passeggiata nel parco intorno alla chiesa.

Da qui si può fare un giro ad anello con le scarpe da trekking ai piedi. Dopo aver attraversato il bosco, si giunge al santuario della Maddalena (sec.XV), monumento nazionale, con la facciata bianca in pietra squadrata e un bel rosone sopra l’elegante portale ogivale. E poi si sale sul monte Acquarone, raggiungendo anche una graziosa cappella.

Chiusavecchia

Ritornando a Imperia val la pena fare una sosta a Chiusavecchia per vedere il suo vecchio ponte e il bel crocifisso ligneo del ‘500 dal forte impatto emotivo, custodito all’interno della parrocchiale. Più avanti, sempre sulla statale 28, si incontra il bivio per Chiusanico, un borgo dove è bello passeggiare tra le case in pietra e giungere nella piazza del Castello pavimentata con ciottoli bianchi e neri.

La Pontedassio degli Agnesi

Proseguendo sulla statale 28, invece, si incontra Pontedassio, il centro principale della zona: è il paese della famiglia Agnesi che in via Garibaldi, vicino al torrente, aveva il suo mulino. Bella la torre di Santa Lucia e i resti del castello di Bestagno (si raggiunge prendendo una piccola strada all’ingresso del paese) costruito, pare, prima del Mille e distrutto nel Seicento. Molto conosciuti sono anche i biscotti tradizionali. In paese è situato anche il frantoio Isnardi.

Pronti a partire?

Il testo è tratto dalla mia guida Liguria di Ponente del Touring ClubDa Imperia a Ventimiglia di qualche anno fa.

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