Chi non sceglie la Liguria solo per il mare, ma desidera qualcosa di più per la sua vacanza può, in provincia di Imperia, fare un viaggio con gli scrittori, percorrendo una serie di itinerari per scoprire le bellezze di questa terra densa di suggestioni. È un territorio che offre una varietà paesaggistica unica, dalle spiagge di famose località balneari come Sanremo e Bordighera agli oltre duemila metri delle cime delle Alpi Marittime.

I giardini Hanbury: Orengo, Conte, Calvino e Soldati

Come primo saluto a chi oltrepassa la frontiera con la Francia, dopo aver percorso qualche galleria, uno dei più bei parchi d’Europa: i giardini Hanbury, situati sul promontorio della Mortola che separa il golfo di Latte da quello di Mentone. La straordinaria varietà della vegetazione proveniente da tutte le parti del mondo dimostra l’eccezionale capacità di acclimatazione in questo luogo per piante tra loro diversissime.

L’aveva ben compreso sir Thomas Hanbury, inglese, che nell’Ottocento acquistò quest’angolo incontaminato. Se ne innamorò a tal punto da annotare sul suo diario il nome di ogni nuovo fiore sbocciato, per poi brindare con i suoi 45 giardinieri. Il fascino di questi giardini ha colpito più di uno scrittore, da Italo Calvino a Mario Soldati che, spesso, venivano qui a scrivere. E poi Giuseppe Conte che ha dedicato ai giardini un’elegia: ne L’oceano e il ragazzo.

Nico Orengo, qui sul confine, ha ambientato Miramare e altri romanzi, tra cui Le rose di Evita:

Su quel terrazzo Evita aveva guardato l’orizzonte, cercando l’Argentina (…) Su quel terrazzo, vestita di celeste, di giallo, di nero, aveva visto passare i piroscafi bianchi per Marsiglia e Le Havre.

La casa delle vacanze di Orengo era situata proprio sopra i giardini e da lassù li dominava tutti.

Ventimiglia: Ceronetti e Sbarbaro

Piccola Casbah di Ventimiglia alta, già percorsa tante volte, ma oggi più ditata di rosa, tutta vitale e festosa, piena di occhi

Così Guido Ceronetti (Viaggio in Italia) vede la città vecchia di Ventimiglia. Invece Camillo Sbarbaro (L’opera in versi e in prosa):

La luna dava al luogo un aspetto così stupito che pareva di vivere in un’antica stampa

Dalla foce del Roja – un fiume che attraversa paesaggi stupendi dal Col di Tenda al mare – Camillo Sbarbaro sente il profumo della Francia:

Lì venni la notte a respirarla da vicino. Una luce era su lei, diffusa, riverbero delle sue città. Monaco pareva laggiù un braciere semispento.

San Biagio della Cima, il regno di Francesco Biamonti

Lasciata Ventimiglia, se si prosegue sull’Aurelia, si incontra il bivio per San Biagio della Cima e si possono raggiungere i luoghi di Francesco Biamonti, il cantore della civiltà mediterranea scomparsa, di cui rimangono solo lontani echi, ulivi soffocati dalla vegetazione e muretti a secco che cadono a pezzi:

“Le case, disabitate, andavano in rovina. Dorate dal silice ferroso, splendevano nella sera. (…)

Gli ulivi, carichi di seccume, anziché di folto argento, s’illuminavano di un viola scarno, che precedeva il buio della fine (Vento largo).

Se i contadini hanno abbandonato queste vallate, sono sempre più gli stranieri, tra cui molto tedeschi, che hanno comprato case in rovina e le hanno ristrutturate, alla ricerca di quel sapore mediterraneo che questi
paesi conservano da sempre.

Dolceacqua, Pigna, Perinaldo, Apricale, Seborga, Bevera, Airole, Bajardo, Ceriana, Triora, Badalucco, Realdo, borghi medievali aggrappati alle montagne, le vere ricchezze di questo lembo estremo di Liguria.

La Bajardo di Giuseppe Conte

Il vicolo scavato a serpentina sotto la fungaia della case abbandonate portava in cima al colle; così da un’ombra stagnante e verdognola si passava di colpo alla piena luce, proprio davanti alla chiesa diroccata

Questo brano è di Giuseppe Conte, (Equinozio d’autunno): descrive la chiesa di Bajardo, un paese distrutto dal terremoto alla fine dell’Ottocento. La chiesa è ancora scoperchiata e dentro vi cresce l’erba.

È un luogo davvero magico, non a caso qui si stabilirono i celti e, in cima a questo colle, i Druidi mettevano in scena le loro cerimonie.

La Bordighera di Monet e Lalla Romano

Sulla costa, invece, lasciata Ventimiglia e oltrepassata Vallecrosia, si incontra Bordighera, tanto amata da Lalla Romano, che qui trascorreva le
sue vacanze, come ha scritto In viaggio con il buon samaritano

Abbiamo poi lasciato villa Elisa per
questo albergo (…) Qui convivo finalmente con
il mare (…) Avevo, senza saperlo, aspettato que-sto tutta la vita.

Il pittore Claude Monet non trascorse molto tempo a Bordighera, appena 10 settimane nel 1884: quel periodo gli bastò per portarsi via circa 40 dipinti, non solo di Bordighera, ma anche dei dintorni, tra cui il ponte a schiena d’asino di Dolceacqua.

Folgorato dalla luce della riviera durante un viaggio con Renoir, decise di tornare a Bordighera da solo per misurarsi con il paesaggio mediterraneo.

Gli inglesi invadono la Riviera dei Fiori

Bisogna immaginarla irraggiungibile, selvaggia, con piante di limoni e uliveti anche vicini alla costa: così era la Riviera di Ponente quando vi arrivarono i primi stranieri di passaggio per raggiungere Roma o Firenze, tappe del Grand Tour.

A dorso di mulo per i sentieri, oppure sulle feluche che approdavano in alcune località della costa per la notte. Bisogna aspettare fino al 1827 perché una lunga strada con ripide salite e dirupi, permettesse ai viaggiatori di partire da Nizza e arrivare a Genova in diligenza.

Tra i primi inglesi a cercare di percorrerla, “in un bello e splendido gior-
no di aprile del 1840”, con un elegante carrozza da viaggio tirata da quattro cavalli di posta, troviamo Sir John Davenne e la figlia Lucy, i due personaggi del Doctor Antonio, il romanzo scritto in inglese dal patriota Giovanni Ruffini. Racconta una storia d’amore: durante la convalescenza dopo una brutta caduta, Lucy, figlia di un baronetto inglese, nuota nelle acque limpide, passeggia su per le colline, prende il sole in barca, annaffia i fiori o li dipinge e, complice l’atmosfera magica di Bordighera, si innamora del dottor Antonio, il medico che la cura.

Pubblicato in Inghilterra il romanzo ebbe un discreto successo e fece conoscere la riviera agli aristocratici inglesi che incominciarono a frequentarla, costruendo ville, alberghi e il primo club di tennis d’Italia.

Katherine Mansfield a Ospedaletti

Ospedaletti, invece, ha folgorato la scrittrice neozelandese Katherine Mansfield: “È il più bell’angolo della terra”. Abitava in una villetta
nei pressi dell’Hotel Madison e ci ha lasciato un prezioso epistolario ricco di piccole emozioni.

Il tempo è meraviglioso. Qui sotto la gente fa il bagno, e l’acqua è così trasparente che si vedono le loro braccia e le loro gambe, quasi le dita
dei piedi. Questa casa sembra la casa delle fate.
È un posto adorabile per viverci.

Italo Calvino e Sanremo

La miglior guida di Sanremo è, senza dubbio, Italo Calvino, nato a Cuba, ma cresciuto in questa città da cui si è allontanato dopo la Seconda Guerra Mondiale per trasferirsi a Torino, poi a Parigi e a Roma. Una città, Sanremo, dalla quale non è mai riuscito a liberarsi, quasi un’ossessione per lo scrittore che aveva sempre presente la Liguria nel suo immaginario quando si accingeva a scrivere.

In questi luoghi sono ambientati quasi tutti i primi racconti e romanzi, tra cui Il barone rampante. In Piazza Nota una lapide ricorda che lo scrittore frequentò il liceo in queste mura, compagno di classe di Eugenio Scalfari. Spesso, di pomeriggio, invece di studiare, andava al cinema, affascinato dalle immagini del grande schermo.

Al Centrale, durante le interruzioni, si apriva una cupola metallica, (Autobiografia di uno spettatore, ne La strada di San Giovanni)

al centro di una volta affrescata a centauri e ninfe.
La vista del cielo introduceva in mezzo al film una pausa di meditazione, col lento passare di una nuvola che poteva pur giungere da altri continenti, da altri secoli

Tommaso Landolfi e il Casinò

Il Casinò è stato citato più volte da Calvino, come anche luogo di malaffare. Tommaso Landolfi, uno degli scrittori italiani più interessanti del Novecento si era trasferito a Sanremo con la famiglia a causa della sua passione per il gioco, lasciando anche molte testimonianze scritte su Sanremo, Alassio, Bajardo.
Scrive Calvino su Landolfi:

Ricordi molto diversi ci legavano alle stesse vie, agli stessi colori di stagioni e paesaggi. Il racconto delle sue prime spedizioni giovanili a Sanremo (…) contemplava l’arrivo in treno, le valigie lasciate in fretta all’albergo, la corsa fino alle sale da gioco, le ore del pomeriggio, della sera e della notte passate senza respiro alla roulette o al chemin-de-fer. (L’esattezza e il caso).

Villa Meridiana, la casa dei Calvino

Per raggiungere la casa dov’è cresciuto Calvino, villa Meridiana, da via Volta si deve svoltare in via Meridiana: al numero 82 si può intravedere quello che è rimasto del parco di acclimatazione di piante tropicali voluto da Mario Calvino e da Eva Mameli, genitori dello scrittore. La villa, oggi rosa, è irriconoscibile. Ecco che cosa scrive del suo quartiere ne La speculazione edilizia

tutt’intorno è un’accozzaglia di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno sopra l’altro

Italo Calvino e la Pigna

La Pigna – la città vecchia – protagonista di tanti racconti è forse il luogo della città che Calvino sentiva più suo. Infatti, con la descrizione di un tipico carruggio, inizia il suo primo romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno:

Per arrivare fino in fondo al vicolo, i raggi del sole devono scendere diritti rasenti le pareti fredde, tenute discoste a forza d’arcate che traversano la striscia di cielo azzurro carico.

Sanremo e le donne

Le donne di Sanremo colpirono lo scrittore inglese Tobias Smollett che, nel Settecento, annota: “Sono molto più attraenti e più gentili delle provenzali”, hanno “occhi belli” e “una fisionomia aperta e sincera”.

Così Matilde Serao, giornalista e scrittrice dell’Ottocento, descrive Sanremo:

Penetrata dal dolcissimo azzurro del cielo, dall’intenso azzurro del mare, immersa nei suoi boschi bigiastri di ulivi, assopita al molle cullamento dei suoi giardini di palme, tutta profumata di fior d’arancio e di vaniglia

Imperia e il suo Parasio, via vai di poeti e scrittori

Imperia è meno conosciuta di Sanremo, ma è altrettanto invitante con uno dei centri storici più conservati della costa, il Parasio. In più ha avuto un ruolo di rilievo nella letteratura del Novecento.

L’industria Sasso, oltre che produrre olio, divenne un luogo d’incontro letterario, tramite la rivista “La Riviera Ligure”, alla quale collaborarono, sotto la guida dal poeta Mario Novaro, figlio del fondatore dell’oleificio, i migliori scrittori e poeti della prima metà del Novecento, tra cui Pascoli, Pirandello, Capuana, Deledda, Alvaro, Ungaretti, Campana, Rebora, Saba, Sbarbaro e Boine.

Libeccio furioso sfrenato / tu che pieghi durevolmente gli ulivi, /
che pur nella calma / a te seconde stendan le braccia… (Mario Novaro)

A Imperia è ambientato un romanzo di indubbia qualità, Il peccato di Giovanni Boine:

Il convento era zitto e chiuso: di là dei suoi tetti sghembi e del campaniletto a punta forato, sentivi l’ondoso allargarsi del mare.


Boine ha scritto un brano indimenticabile sull’entroterra ligure:

Non ci han lasciato palazzi i nostri padri, non han pensato alle chiese, non ci han lasciata la gloria delle architetture composte: hanno tenacemente, hanno religiosamente costruito dei muri, dei muri a secco come templi ciclopici, dei muri ferrigni a migliaia, dal mare fin in su alla montagna.

Infine, Cervo la stupenda

La scrittrice Gina Lagorio possedeva una casa a Varigotti, ma la Liguria la amava tutta. Così descrive lo stupendo borgo di Cervo:

la discesa lungo le stradine medievali tra slarghi e archivolti fino alla piazzetta chiusa come una conchiglia tra le case e la chiesa appena tinta di rosa e di verde nell’incerta trasparenza del crepuscolo

Questo testo è stato scritto per il progetto da me ideato, insieme a Rosa Elisa Giangoia, per i Parchi letterari e Culturali della Regione Liguria. La guida con questi itinerari è stata poi distribuita anche alla New York University, in occasione della mostra su Italo Calvino da me curata.

Da quando ho scritto questo testo, nel 1999, sono morti Francesco Biamonti, Guido Ceronetti, Gina Lagorio, Nico Orengo e Lalla Romano. Con loro è scomparso un mondo. Alcuni di loro erano amici cari.

La foto l’ho scattata a Bordighera sul sentiero che percorreva Monet a caccia di paesaggi da fermare sulla tela

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