Erika e Klaus Mann, figli di Thomas, l’autore di Morte a Venezia, nel 1931 pubblicarono una curiosa guida sulla Costa Azzurra e sulle riviere liguri, per la casa editrice Piper Verlag, un’interessante testimonianza di quel periodo. Viaggiando per l’Europa in fuga dalla Germania nazista, i due fratelli soggiornarono più di una volta in Liguria, e soprattutto in Provenza.

La frontiera tra Ventimiglia e Mentone

La frontiera tra Ventimiglia e Mentone (nella foto d’apertura) esiste da quando la Conta di Nizza venne annessa alla Francia (24 marzo 1860). Grazie alla convenzione di Schengen, sono stati aboliti i controlli alla dogana, anche se negli ultimi anni, per la massiccia immigrazione prima e per la pandemia poi, sono ripresi inesorabilmente.

Per più di un secolo gli abitanti delle due città di confine, distanti pochi chilometri l’una dall’altra, hanno vissuto in due mondi lontani e inconciliabili. Mussolini nella Seconda Guerra Mondiale sancì quel distacco e quella lontananza, dichiarando guerra alla Francia, e Mentone venne occupata, un gesto folle come ben racconta Italo Calvino.

Per quanto riguarda questo rito di passaggio, l’oltrepassare il valico di frontiera tra Ventimiglia e Mentone, è curioso rileggere le pagine di Klaus ed Erika Mann. Descrivono la Costa Azzurra in maniera minuziosa, abbracciando un itinerario che parte da Marsiglia e arriva fino a Mentone.

La Costa Azzurra

Renoir soggiornò a Cannes e, come Van Gogh e Matisse, venne influenzato dall’atmosfera satura di luce della Costa Azzurra. Grandi artisti, come Monet, si spinsero fino a Bordighera.

Intellettuali sì, ma anche perdigiorno attratti dal Casinò, soprattutto quello di Montecarlo, che non riescono più ad andarsene e rimangono per anni o decenni, stregati dal demonio del gioco d’azzardo.

I fratelli Mann descrivono l’atteggiamento con cui i marsigliesi si pongono verso la vita: amano la comodità, ma anche l’avventura. Sono mossi dal desiderio di imborghesirsi, e allo stesso tempo sono inquieti. I provenzali sono pigri, anche se lo sanno essere “con tecnica e piacere”.

Molti pescatori lavorano solo per tre ore a settimana. Non hanno pretese e all’apparenza sono felici, non conoscono lo stress dei berlinesi o dei nuovayorkesi

La Liguria e l’Italia fascista

Al di là della frontiera non si respira una bella atmosfera. La retorica invita gli italiani a guardare al proprio glorioso passato invece che a confrontarsi con il resto d’Europa.

Non è un caso che Erika e Klaus Mann, insofferenti nei confronti di qualsiasi forma di dittatura, descrivono Genova e le due Riviere in modo molto più sbrigativo.

Il lettore è avvisato della poca simpatia che i due scrittori nutrono per l’Italia, quando si fa più vicina. Un vero peccato che le bellezze di questi luoghi, allora non ancora soggetti alla massiccia speculazione edilizia del Dopoguerra, fossero liquidati in poche parole.

Dopo Montecarlo non c’è più molto da vedere, ci avviciniamo con minacciosa rapidità alla frontiera (…) Mentone ha già l’aspetto per metà italiano. Forse per questo non gli va tutto il nostro amore (…)

La costa italiana per noi rappresenta più la via del ritorno a casa che un soggiorno vero e proprio. Dobbiamo svelare il fatto che non la prendiamo più sul serio e che abbiamo l’impressione che il mondo stesso non la prenda più sul serio.

Per “onor di giustizia”, comunque scrivono che la riviera di Ponente è consigliata a uomini, donne e bambini bisognosi di riposo.

Bordighera e Ospedaletti

Ventimiglia, Bordighera e Ospedaletti occupano solo tre paragrafi.

Bordighera è famosa per le sue palme da datteri e per la sua atmosfera tranquilla. Persone distinte, soprattutto tedeschi e inglesi, vengono volentieri qui a riposare. La città si divide in vecchia e nuova: quella vecchia è più graziosa ma naturalmente non si dorme lì. L’albergo più alla moda è l’hotel Cap Ampeglio, con un giardino stupendo.

Ospedaletti per Erika e Klaus Mann è tranquilla tranquilla tranquilla, quasi per semi ammalati.

Sanremo

Sanremo e per fortuna la Pigna, ottengono un po’ più di considerazione:

A Sanremo il calcolo regna sovrano. Il casinò, sontuosamente rinnovato ne è il punto centrale, l’attrazione del luogo (…) la città vecchia fa parte delle cose più belle della costa italiana; è una vera bellezza; tortuosa, malinconica e piena di pittoresca anticaglia.

La cittadina, scrivono, è situata in una baia tra Capo nero e Capo verde. Ora ha 30.000 abitanti. La strada più importante è via Vittorio Emanuele (oggi Corso Matteotti), dove si fanno acquisti e dov’è situato il suo famoso casinò. Si va spesso a spasso sul Corso dell’imperatrice.

Da bravi tedeschi, notano che nella baia di levante si trovano una chiesa evangelica e una via Wolfgang Goethe. Consigliano il Grand Hotel des Anglais, circondato dal più bel giardino, gestito in modo eccellente dove tutti si trovano bene.

Sanremo, circondata da ville e giardini, ha un’aria da grande città, è polverosa e rumorosa. Ha una strada maestra piena di curve che abbiamo continuato a seguire in direzione di Genova. Una strada disseminata di buche e di vistosi cumuli di sassi che per giunta ne riducono la larghezza.

L’entroterra è montagnoso e ridente. La costa potrebbe a tratti essere scambiata per quella francese. Ma non lo è. Non lo è più.

Da Taggia a Genova

Poi accennano a Taggia, dove la gente vive della coltivazione di fiori. Mentre Alassio viene descritta come un luogo raffinato e riservato, con una spiaggia di sabbia.

Noli, invece, è un buchetto di pescatori con un’atmosfera deliziosa. Ancora molto tranquillo e poco affollato. Ci si potrebbe sistemare per un paio di settimane, se si è alla ricerca di belle passeggiate, di tranquillità, e se si gradisce conoscere gli abitanti del luogo, come i vecchi pescatori, dei tipi “davvero originali”.

Savona viene liquidata come un città industriale con un grande quartiere operaio, una città fumosa, grigia e decisamente triste.

Non potevano non notare Pegli. I fratelli Mann, raccontano che

villa Pallavicini dovrebbe essere visitata da tutti coloro che abbiano interesse per le raccolte etnografiche e per un parco della vegetazione rigogliosa, e che sappiamo sbalordirsi di fronte a grotte con stalagmiti e contorti giochi d’acqua.

Poi descrivono Genova, ma ne riparleremo un’altra volta.

E gli italiani?

Erika e Klaus Mann sono impietosi anche con le persone:

L’uomo giovane predomina; tra i diciotto e i trenta, senza cappotto, con scarpe tirate a lucido, mani in tasca, sigaretta tra le labbra, seduto ai caffè, sulle piazze. Discutono a gruppi, ridono, litigano; sembra siano soli. La signora, il signore anziano, persino il ragazzo, si fanno da parte. La città sembra appartenere al giovane maschio, è lui che decide del futuro. (…) Questi giovani non hanno l’aria proprio cattiva, ma neanche troppo pacifica.

Queste parole suonano come un cupo presagio: dieci anni dopo l’esercito italiano varca il confine e saccheggia Mentone.

Il suicidio di Klaus Mann a Cannes

Klaus Mann nel 1944, dopo lo sbarco di Anzio, risale la penisola italiana con l’esercito americano in qualità di corrispondente. Vede vicina la caduta del nazismo e della sua Germania che lo ha costretto all’esilio. Ma il Dopoguerra è caratterizzato per lui da nuove delusioni, una profonda amarezza che neanche la dolcezza della Costa Azzurra riesce a mitigare.

Nel 1949 sceglie di uccidersi proprio a Cannes, la perla della Riviera, che Klaus considerava il cuore dell’Europa.

La spiaggia di Mentone oggi

Vuoi leggere altri miei post? Naviga sul mio blog!

Se vuoi scrivermi qualcosa, contattami pure

Per seguire il mio blog, se vuoi iscriviti al mio gruppo su Facebook

Comments are closed.