Sono a San Terenzo di Lerici, seduta a scrivere sul grande terrazzo di Villa Magni, affacciato sulla baia, dove Mary Shelley, l’autrice del Frankenstein, trascorse 18 giorni nel 1822 a scrutare l’orizzonte, nell’attesa vana di veder tornare a riva l’Ariel, la barca di suo marito, il poeta romantico Percy Bysshe Shelley. Era stato inghiottito dal mare, durante una tempesta.

Qui è bello come non mai. E la scrittura scivola via come una barca a vela sull'acqua
La scrittura scivola come una barca a vela sull’acqua

Oggi è una giornata uggiosa, le isole dalla Palmaria e del Tino qui di fronte sembrano due grandi navi immerse nella nuvolaglia nera. Squarci di luce rosa verso la Corsica e l’arcipelago toscano filtrano sul mare burrascoso e fanno sperare in giorni migliori. La notte scorsa ho dormito nella stanza dove Mary scriveva, soffriva, dormiva sonni agitati.

Shelley si era invaghito di questo luogo selvaggio, Villa Magni allora era bagnata dall’andirivieni incessante delle onde. Ora qui sotto c’è la strada asfaltata che porta a Lerici e una bella passeggiata pedonale. Quando mi affaccio dal balcone vedo persone con il naso all’insù, incuriosite, che mi guardano con un punto interrogativo nello sguardo. Chi sarò mai?

Sono sola ora, Cesare è andato a correre attraversando questa baia unica. Ascolto il rumore del mare, osservo l’orizzonte livido, percepisco la sofferenza di Mary Shelley, aggirarsi per queste stanze dai soffitti alti e sento il suo urlo di dolore. Aveva solo 25 anni. Ve la immaginate, una donna così giovane, scappata dall’Inghilterra di inizio Ottocento, insieme a un uomo sposato per vagabondare per l’Europa in cerca di una tana per scrivere? Per poi ritrovarsi senza di lui, affogato in questo mare, vicino alla costa Toscana?

Avverto anche il tramestio interno di P.B. Shelley. Rivoluzionario, credeva fermamente negli ideali della Rivoluzione Francese – la fratellanza, l’uguaglianza – in un’epoca di Restaurazione. Mary e Percy hanno sfidato i codici del loro tempo, credevano di riuscire a costruire un modo diverso di vivere e stare insieme, volevano vivere relazioni profonde con le persone.

Benché fosse giovane, Mary aveva già scritto il suo Frankenstein, un romanzo di un’attualità sconvolgente, che racconta di uno scienziato che manipola la materia senza un briciolo di etica, creando un mostro, che poi non sa tenere a bada.

Suona la campana, tre tocchi, è pomeriggio, ci sono ancora poche ore di luce. Il mare si sta addolcendo, in attesa del tramonto. Allora, nel 1822, c’era solo un sentiero che portava a Lerici, percorso dai pescatori, ora invece giunge fin sul terrazzo il rumore delle auto e il chiacchiericcio dei turisti della domenica. Qualcuno sta facendo scoppiare petardi.

A destra c’è il borgo di San Terenzo, con le sue case affacciate sul Golfo dei Poeti, a sinistra l’ex hotel Miramare, che poco più di un secolo dopo ha ospitato Virginia Woolf in pellegrinaggio in questi luoghi sulle tracce degli Shelley.

Villa Magni, per fortuna, sembra essere caduta in buone mani, l’ha comprata una signora di Spezia, insieme a un socio, che ne vuole fare sì un resort, ma senza dimenticare ciò che questo luogo porta con sé di simbolico da quasi duecento anni. Per questo mi ha ospitata qui, ben vent’anni fa ho scritto un libro sul Golfo dei PoetiQui è bello come non mai. In viaggio con gli scrittori da San Terenzo a Tellaro.

L’intenzione della proprietà è dare vita a eventi culturali, con il coordinamento dell’attore Roberto Alinghieri, che ricordino cosa Villa Magni significhi per tutti noi. Emanuela mi è sembrata una persona aperta, che vuole fare rivivere questo spazio, pieno di dolore, ma anche di gioia, la gioia che l’intelligenza e la sensibilità portano con sé.

Ho riletto il mio libro, non lo aprivo da quasi due decenni e vi lascio con queste parole di Mary Shelley, prese dal breve saggio scritto da Carla Sanguineti:

Il luogo era troppo bello e non sembrava di questa terra: la lontananza di ogni traccia di civiltà, il mare ai nostri piedi, il suo incessante mormorio e il suo mugghio nelle nostre orecchie – tutto invitava la mente a meditare su strani pensieri e, sollevandola dalla quotidianità, l’induceva a familiarizzare con l’irreale.

MARY SHELLEY

È bello essere qui, grazie Mary. Ti sento vicina, compagna di strada, ora sto soffrendo anch’io. Vivo il tuo lutto, lo sento. A volte nella vita tutto scompare all’improvviso e ti sembra impossibile ripartire.

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Pubblicato per la prima volta su mentelocale.it

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