Kostas Georgakis, un nome forse dimenticato dai più, una storia d’altri tempi. Un ragazzo che si diede fuoco a Genova, la mattina del 19 settembre 1970 – 50 anni fa! -, per protestare contro il regime dei co­lonnelli in Grecia, che con un colpo di stato avevano preso il potere nel 1967.

Viene ricordato da una lapide situata vicino alla scalinata di Palazzo Ducale: «Al giovane greco Costantino Georgakis che ha sacrificato i suoi 22 anni per la libertà e la democrazia del suo paese: tutti gli uomini liberi rab­brividiscono davanti al suo eroi­co gesto».

Chissà quante perso­ne passando lì davanti in questi cinquant’anni si sono chieste chi fosse.

In quella terribile notte, Kostas parcheggiò l’auto in piazza Matte­otti, si cosparse di benzina, gridando: “Viva la Grecia libera“. Quattro spazzini assisterono alla sce­na cercando, invano, di soccorrerlo: la notizia di questo atto estremo fece il giro del mondo in un batter d’occhio.

Morì, dopo nove ore di agonia all’o­spedale San Martino. Il feretro rimase per ben quattro mesi sotto une tettoia a Staglieno e venne, poi, trasportato in Grecia clandesti­namente. Ai funerali presenziarono solo i geni­tori e i fratelli.

Aveva solo ventidue anni ed era iscritto al terzo anno di Geologia, all’università di Genova.

Jan Palach e Kostas Georgakis

Una scelta identica a quella di Jan Palach che si suicidò per esprimere il suo dissenso con­tro i carri armati russi che sta­vano soffocando la Primavera di Praga.

Kostas e Jan erano coetanei: nati entrambi nel 1948 si sono tolti la vita a due anni di distanza. Cresciuti in due paesi diversi compirono lo stesso gesto per fare sapere che non erano d’accordo con le re­gole dettate da equilibri che passavano sopra le teste dei più.

Kostas Georgakis a Genova

Georgakis era arrivato in Italia nel 1967. Il clima, tra gli studenti greci, non era dei migliori: i democratici da una parte e gli informatori del regime dall’altra.

Avrebbe dovuto tornare a casa per il servizio militare, ma avrebbe rischiato la vita. Era spiato e minac­ciato. Non vedeva soluzioni im­mediate per il suo paese e voleva che il mondo sapesse. Così, da solo, meditò di fare quel gesto. «La nostra terra che ha par­torito la libertà annienterà la tirannia», lasciò scritto Kostas.

Il mio articolo sul Secolo XIX del 16 settembre del 2000

La lettera al padre

Prima di morire scrisse questa lettera indirizzata a suo padre:

Caro Papà, perdonami questo atto, senza piangere.

Tuo figlio non è un eroe.

È una persona come un’altra, forse con un po’ di paura in più.

Bacia la nostra terra per me.

Dopo tre anni di violenza non ce la faccio più.

Non voglio che voi per causa delle mie azioni correte dei rischi ed io non posso farne a meno di pensare e di agire come una persona libera.

Ti scrivo in italiano per fare interessare subito tutti al nostro problema.

Viva la democrazia.

Abbasso i tiranni

La nostra terra che ha partorito la libertà annienterà la tirannia.

Se potete perdonatemi

Tuo Costantino

Alcune testimonianze

Nel 2000 ho raccolto, per il Secolo XIX diverse testimonianze in occasione della celebrazione-omaggio a Kostas Georgakis nel trentennale della morte.

  • Katerina, la sorella di Ko­stas: «Quella mattina io e la mamma, all’alba, ci siamo in­contrate nel corridoio di casa. Avevamo avuto un incubo. Tutte e due. Siamo ritornate a letto e alle sette è squillato il telefono: una voce dall’Italia, ci ha dato la notizia». Elefteria, la madre di Kostas non è intervenuta alla cerimonia. Chiu­sa nel suo vestito nero, ha assi­stito a tutta la manifestazione senza emettere parola. Cosa ha sognato la sorella di Kostas quella notte? «Che si rompevano le lancette dell’oro­logio». Proprio mentre il tempo si fermava per sempre, almeno per suo fratello.
  • I netturbini che hanno cercato di spegnere il fuoco sul corpo del ragazzo. Lui­gi Cherubini, Ubaldo Grattarola e Giuseppe Berruti: «Non si la­mentava per niente. Continuava a dire: l’ho fatto per la Grecia. Viva la Grecia Libera».
  •  Nikos Dessipris, l’a­mico greco che divideva la casa con lui a Genova: «Kostas è uscito di casa mentre dormivo. La matti­na hanno bussato alla porta i ca­rabinieri per dirmi quello che era successo. Divideva la casa con noi un altro greco che, quel­la notte, nonostante lo avessi av­vertito, non si è neanche alzato dal letto. Poi ho scoperto che era una spia del regime».

Un libro sulla vita di Kostas Georgakis

Un altro Costantino, Paputsis è il suo cognome, nato a Corfù come Georgakis – 14 anni più tardi – non conosceva que­sta tragica storia. Aveva solo otto anni quando lo studente greco si suicidò.

Un gior­no, conosce Spiros Georgakis, il padre di Kostas, che gli rac­conta questa storia. Ne rimane impressionato. Per lui è come una rivelazione. Dopo la laurea di architettu­ra presa a Milano, decide di dedicarsi alla ricostruzione della vita del giovane connazionale che, proprio in Italia, a Genova, decise di lanciare quel messag­gio estremo. E vent’anni fa ha pubblicato un libro, tradotto in italiano, Il grande Si: il caso Kostas Geor­gakis (Erga edizioni, pp. 291).

«La Grecia e l’Italia sono due paesi affini. Ho conosciuto il pa­dre venticinque anni dopo il suicidio. Mi disse che desidera­va più di ogni altra cosa che qualcuno riscattasse la memo­ria del figlio, che si smettesse di credere che fosse un pazzo», mi disse.

«Penso che quella di Kostas Georgakis sia una lezione di demo­crazia e libertà. Da quando ho saputo cosa era successo, ho de­siderato che questa storia fosse conosciuta da tutti».

Mi raccontò del rapporto tra Kostas e suo padre: era im­paurito dalla sua passione politica, decise di mandarlo a studiare all’estero proprio per questo.

Così Ge­orgakis approdò a Genova dove, però, continuò a fare attività politica. Il padre gli chiese di smettere perché i suoi fratelli rimasti in Grecia rischiavano di essere persegui­tati, ma lui rilasciò un’intervista a una rivista, che arrivò nella mani del consolato gre­co. Poco tempo dopo, com­pì il tragico gesto.

«Lo scopo di questo libro è rendere omaggio alla memo­ria di un giovane di 22 anni che ha sacrificato la sua vita per la libertà e per la demo­crazia», conclude Paputsis.

Il Film che non è mai stato girato

Nel 2011 ho intervistato al telefono Costantino Paputsis mentre era a Corfù. In redazione al Secolo XIX ci era arrivata la notizia che stava per essere girato un film sulla vita di Kostas Geogakis. Ricorderò per tutta la vita quel momento.

Costantino inizia a urlare durante la telefonata: era la mattina dell’11 settembre del 2001 e aveva la televisione accesa. Tra le Torri Gemelle e il colpo di stato in Chile l’11 settembre non è una bella data.

L’umanità non finirà mai di farsi del male.

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